Quanti discorsi d’odio ci sono nelle conversazioni online in ambito sportivo? Con l’Università degli Studi di Torino abbiamo realizzato il Barometro dell’odio nello Sport, la prima ricerca italiana che monitora le pagine social delle cinque principali testate sportive italiane. I ricercatori del centro CODER hanno analizzato 443.567 post su Facebook e 16.991 su Twitter. Con risultati sorprendenti.
di Silvia Pochettino
Quanta volgarità, minacce e insulti anche a sfondo razziale o sessista sono presenti nelle discussioni on line che parlano di sport? Se da un lato lo sport è spesso strumento di integrazione e trasmissione di valori, soprattutto quando praticato, dall’altro, specialmente nella dimensione del tifo, può diventare un elemento divisivo che inasprisce la competizione fino a trasformarla in conflitti anche violenti. Ma quanto influisce in tutto questo l’uso dei social network? Che frequenza e che caratteristiche hanno i linguaggi d’odio online nello sport italiano?
Prova a rispondere a queste domande il Barometro dell’odio nello Sport, ricerca realizzata dal Centro CODER dell’Università di Torino nel quadro del progetto Odiare non è uno sport
Il primo risultato che salta agli occhi dal monitoraggio delle pagine Fb e Twitter delle principali testate sportive nazionali (La Gazzetta dello Sport, Tuttosport, Il Corriere dello Sport, Sky Sport e Sport Mediaset) realizzato dal 7 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020, è che esiste un livello costante di hate speech al di sotto del quale non si scende mai, pari al 10,9% dei commenti su Facebook e 18,6% su Twitter.
I messaggi d’odio risultano dunque una componente non solo rilevante ma strutturale delle conversazioni sportive sui social media.
Tuttavia, Facebook e Twitter sono diversi, sia per numero di commenti sia per la presenza di hate speech. A parità di messaggi pubblicati, Facebook genera un volume di commenti 26 volte superiore a quello di Twitter. Ma, mentre l’hate speech raggiunge il 13,4% dei commenti su Facebook, su Twitter arriva al 31% .
Se si vanno poi ad approfondire le modalità con cui si manifesta l’hate speech, il linguaggio volgare (14% su FB e 31% su Twitter) e l’aggressività verbale (73% e 60%) sono le forme più frequenti. Tuttavia, anche discriminazione (7% e 5%) e aggressività fisica (5% e 4%) non sono irrilevanti. La ricerca ha infatti individuato circa 5.000 commenti contenenti elementi di questo tipo pubblicati dagli utenti in un arco di tre mesi.
Infine, dato prevedibile, gran parte del traffico di notizie sui social e di conseguenza la maggior parte degli episodi di hate speech sono da ricondurre al mondo del calcio.. Emerge che Mario Balotelli e Romelu Lukaku sono i personaggi sportivi su cui si concentrano più commenti di hate speech (rispettivamente 16,7% su Facebook e 38,3% su Twitter; 15,5% su Facebook e 40,6% su Twitter) contenenti insulti e discriminazione razziale (rispettivamente 2,1% su Facebook e 5,6% su Twitter; 1,9% su Facebook e 2,4% su Twitter).
Infine è interessante notare come su Facebook, dove è possibile commentare i commenti degli altri, l’hate speech risulta più elevato nelle discussioni tra utenti rispetto ai commenti ai post. Ovvero il maggior numero di riferimenti al linguaggio d’odio non risulta correlato al contenuto dei post ma piuttosto alle prese di posizione di altri utenti
Guarda la presentazione live del Barometro con Giuliano Bobba, dell’Università di Torino, autore della ricerca, e Sara Fornasir coordinatrice del progetto Odiare non è uno Sport
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