“Odiare non è uno sport“, e nemmeno un’arte.
Lo chiarisce bene il cubo realizzato nella scuola media di Lavagno, in provincia di Verona, dove il docente di arte Luca Vinco, dopo la formazione di studenti e studentesse, tenuta dalle operatrici di Progettomondo sui temi della campagna “Odiare non è uno sport”, ha deciso di andare oltre.
“Ogni anno nel nostro plesso viene indetta la settimana delle arti e delle scienze su varie tematiche e laboratori”, spiega Vinco. “Ho seguito la presentazione della campagna e sono rimasto colpito da un’attività sui volti anonimi di varie nazionalità, invitando a scegliere con chi si sarebbe voluto trascorrere una serata. I miei studenti cercano sempre di risolvere il cubo di Rubik, e quindi è nata l’idea di un lavoro corale in cui, al posto dei colori, apparissero i volti di persone di sei diverse nazionalità, asiatiche, africane, europee, latinoamericane. Come si mescolano i colori di Rubik, così abbiamo mescolato i volti, per restituire il senso dell’inclusione di ogni etnia. Siamo tutti esseri umani dello stesso pianeta e lo abbiamo voluto esprimere con simpatia, creando un cubo solidale”.
Nel cubo ogni volto ha i propri tratti distintivi e colori diversi della pelle. Ma gli occhi non ci sono, restano, mancano dai disegni.
“Il messaggio – conclude il docente – è di andare oltre l’aspetto fisico che si coglie con lo sguardo, ma entrare nell’anima delle persone. Ragazze e ragazzi hanno lavorato con entusiasmo e passione, soddisfatti infine del risultato che non si aspettavano. Il cubo, composto di una serie di scatoloni di 80×80 centimetri, è stato esposto nell’atrio, di sbieco, per dare il senso che ruoti. L’installazione sarà vista e vissuta ogni giorno, rilanciando il messaggio di inclusività”.
Ed ecco come, a partire da un progetto specifico che nasce per occuparsi dell’ambito sportivo, lo sguardo si allarga e fa scaturire nuovi ragionamenti sull’inclusione e il contrasto a ogni discriminazione.