I centri estivi come luogo e tempo speciale. Una salvezza per le famiglie, durante la lunga chiusura delle scuole. Un’opportunità per bambini e ragazzi per sperimentare attività nuove e significative, capaci di fondere dimensione ludica e approfondimento, senza la tensione delle dinamiche scolastiche o agonistiche. È in quest’ottica che si inserisce il percorso ideato all’interno di Odiare non è uno sport, grazie alla collaborazione tra CVCS e il Comune di San Pier d’Isonzo, paesino in provincia di Gorizia che ogni anno organizza centri estivi comunali, coinvolgendo le società sportive del territorio. Dagli allenatori ai genitori, dagli educatori dei centri estivi comunali al lavoro diretto con i ragazzi, il percorso è stato guidato da Clara Miani, psicologa dello sport, che abbiamo intervistato per conoscere meglio le attività e la risposta del territorio.
di Ilaria Leccardi
Il percorso è stato strutturato a “imbuto”, con vari incontri sul territorio. Il primo, il 6 maggio, per presentare i centri estivi comunali alle famiglie, in cui la psicologa ha potuto conoscere i genitori e presentare le attività programmate per i ragazzi, ma anche per raccogliere bisogni e necessità. “Abbiamo riscontrato grande entusiasmo nelle famiglie ed è emerso il bisogno di iniziare a parlare di sport e valori sportivi, ma anche di creare una base solida sul tema della comunicazione per prevenire il fenomeno dell’hate speech e strutturare un ambiente sportivo sicuro e positivo”. Quindi, il 20 maggio, si è tenuto un incontro esteso a tutti gli allenatori del territorio, volto a comprendere cosa sia l’hate speech e acquisire ottiche e strategie di comunicazione per contrastarlo online e in campo. “Abbiamo avuto una buona partecipazione volontaria, con età molto differenti, a prevalenza maschile”, racconta Miani, spiegando che si è trattato di un incontro informativo ma che ha previsto anche una piccola parte esperienziale sui commenti d’odio che i partecipanti potevano aver letto online o di cui erano stati vittima diretta. “L’idea – aggiunge – è stata quella di suscitare nei partecipanti una consapevolezza di quanto sia pervasivo il fenomeno nelle nostre vite nella cornice sportiva”.
Infine, il 10 giugno, un appuntamento con educatori e istruttori che avrebbero lavorato direttamente con i ragazzi ai centri estivi. “Gli allenatori – spiega Miani – hanno riconosciuto l’esistenza di fenomeni d’odio online, ma la necessità più forte era capire come gestire i fenomeni d’odio e di intolleranza che si manifestano in campo. Non è scontato, infatti, che lo sport sia educativo: è uno strumento potente, ma è necessario identificare delle aree di lavoro specifiche per garantire che sia effettivamente educativo e positivo”.
Dopo la fase di dialogo con il territorio, si è passati alle vere e proprie attività nei centri estivi. Un momento dell’anno “speciale”, spiega Miani, che pone i ragazzi in uno “stato psicofisico e relazionale ottimale, senza le tensioni tipiche della scuola e dell’attività sportiva agonistica, ma in cui il gruppo è spinto al dialogo, anche per riflessioni profonde”.
Il percorso a San Pier d’Isonzo, in cui centri estivi comunali coinvolgono principalmente società sportive locali che lavorano con sport di squadra, ha previsto l’intervento della dottoressa Miani una volta a settimana, ogni giovedì dal 20 giugno al 18 luglio. Cinque appuntamenti di due ore, a partecipazione volontaria, ciascuno focalizzato su un valore sportivo, ideati con format differenti, per non annoiare, per coinvolgere e per far fronte al fatto che non è scontato che i bambini e i ragazzi fossero presenti a tutti gli incontri.
I valori su cui si è deciso si lavorare sono stati: il divertimento e l’importanza di fare sport per divertirsi; lealtà e fair play; rispetto del gioco, delle regole e degli avversari; vincere e perdere; saper cooperare nello sport. Obiettivo finale: creare una sorta di manifesto sportivo dei centri estivi di San Pier d’Isonzo. Le attività, pensate per un target di età 10-13 anni ma con la possibilità di includere anche bambini più piccoli, hanno coinvolto ogni volta una ventina di partecipanti, per lo più ragazze.
“Ogni incontro – spiega Miani – ha previsto una mezz’ora introduttiva sul valore sportivo identificato e poi un’ora in cui i partecipanti hanno potuto sviluppare in forma creativa le proprie idee attorno ad esso. Abbiamo usato format ogni volta differenti, dal template per intervistare gli altri partecipanti ai centri estivi, per approfondire il tema del divertimento nello sport, al fumetto per sviluppare storie di fair play, dalla rappresentazione delle regole sportive attraverso disegni sulle magliette, valorizzando l’importanza di scrivere la regola, pronunciarla e poi ‘indossarla’ per trasmetterla agli altri, alla creazione di brevi cortometraggi sul tema del vincere e del perdere nello sport, fino a quella che abbiamo chiamato ‘guerrilla lettering’, ossia la creazione di slogan in forma grafica da affiggere nei vari punti della grande area dove si svolgevano i centri estivi. Ogni incontro si è chiuso poi con un momento di riflessione in cui abbiamo tirato le somme, tenendone traccia su un grande cartellone, per la creazione finale del manifesto dei centri estivi”.
Una sperimentazione sicuramente importante, che ha arricchito l’estate del paesino friulano per tanti giovani. E che ha avuto un ottimo esito grazie al coinvolgimento dell’intera comunità e di un tessuto urbano con forti legami tra gli attori sociali. “Lavorare in un contesto urbano di un paese è un punto di forza, abbiamo abbracciato una comunità estesa anche ai comuni vicini, ma dove c’era già molta connessione. Mi ha sorpresa il grande interesse nei confronti di queste tematiche ed è stato molto importante lavorare in un contesto così aperto, disteso e ludico, piacevole per i ragazzi e le ragazze che si sono sentiti sereni nella condivisione e hanno potuto esprimere la propria creatività su tematiche non scontate”. Un’estate ricca di insegnamenti che sicuramente porteranno con sé.