Un seminario sull’hate speech per tecnici sportivi

EVENTO ANNULLATO

A seguito delle indicazioni delle autorità competenti in relazione all’epidemia di coronavirus COVID 19 l’evento è rimandato a data da destinarsi

Il 6 marzo prossimo CSEN, ente di promozione sportiva, realizza a Torino, in collaborazione con le associazioni CISV e LVIA, un progetto di formazione e azione educativa per contrastare il fenomeno dell’hate speech e discriminazione razziale nello sport.

Il corso formativo è rivolto a tutte le Associazioni Sportive Dilettantistiche (di qualsiasi ambito sportivo) e prevede una formazione gratuita per dirigenti, tecnici e allenatori sportivi

Cos’è l’hate speech

Espressione inglese che significa, letteralmente, discorso d’odio, è un termine sempre più usato nel linguaggio comune. In italiano viene usata al plurale, discorsi d’odio, o tradotta anche come incitamento all’odio. La sostanza non cambia: si tratta di una definizione-cappello che spesso viene impiegata per indicare qualsiasi tipo di messaggio contenente insulti, offese, dichiarazioni di intolleranza verso una persona o un gruppo.

Chi esprime odio viene normalmente definito uno hater o odiatore. L’ hater non va confuso con il troll, una figura mitologica della Rete, presente sin dai primi esperimenti social degli anni Novanta, che si diverte a gettare scompiglio nelle discussioni facendo volontariamente il provocatore, o il flamer, una specie di seminatore professionista di zizzania, che agisce per innescare flame, letteralmente “fiamme”, ossia litigi in rete. Mentre sia i troll che i flamer sono in qualche modo degli esperti delle dinamiche della rete, e le sfruttano a loro vantaggio, spesso gli hater si presentano come persone incapaci di discutere in maniera pacata, che si esprimono scompostamente, in maniera non di rado carente anche nella forma, dando così l’impressione di poca cultura, e apparendo spesso anche ignari dell’enorme eco che possono produrre i loro gesti compiuti in rete (altrove lo definisco effetto-tinello: la tendenza a esprimersi sui social come se si fosse nel tinello di casa propria). Non a caso molti cosiddetti hater, quando vengono colti in fallo (per esempio, per avere insultato un personaggio pubblico), si scusano dicendo “avevo perso la testa per un attimo e non ho pensato alle conseguenze del mio gesto”.

Il seminario di formazione

La formazione, grazie al contributo di esperti sul tema e attività pratiche, mira a rafforzare gli strumenti e competenze educative utili al personale sportivo per fronteggiare le discriminazioni razziali, incitamento all’odio e violenza nelle comunità sportive (sopratutto nei giovani ).

La formazione avrà una durata complessiva di 2 ore e mezza, alla fine della quale verrà rilasciato un attestato formativo del progetto.

Sede: Casa Ugi 2 corso Dante 101, Torino ore 9,30 – 13

Intervengono:
Andrea Bruni
Responsabile Nazionale Ufficio Progetti CSEN NAZIONALE
Polo regionale dello Sport Integrato, nuova frontiera dell’inclusione

Ilaria Zomer
Formatrice presso il Centro Studi Sereno Regis;
L’odio sfuggente: definire l’hate speech (o almeno riconoscerlo) a partire da esperienze concrete.

Ivana Nikolic
Ballerina danze Rom, ambasciatrice UNESCO
Balval Celavdi Arte e danze Rom per abbattere pregiudizi e stereotipi

Barbara Costamagna
Psicologa Psicoterapeuta

Per iscrizioni contattare:
csenpiemonteformazione@gmail.com
371 30 73 892

Al via la campagna #odiarenoneunosport

Campioni e campionesse, società sportive, associazioni, scuole e studenti uniti per dire no all’hate speech nello sport nella Giornata Mondiale contro il Bullismo.

Secondo una recentissima ricerca del centro Coder dell’università di Torino, sulle pagine facebook delle 5 principali testate sportive nazionali tre post su quattro ricevono commenti di hate speech. E’ da questi dati allarmanti che prende il via ufficialmente oggi, anche grazie all’aiuto di diversi campioni e campionesse azzurre, il progetto Odiare non è uno sport, sostenuto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e promosso dal Centro Volontariato Cooperazione allo Sviluppo, con un fitta rete di partners su tutto il territorio nazionale.  

Lo studio del fenomeno è affidato all’Università di Torino che attraverso l’équipe multidisciplinare del Centro di ricerca avanzata Coder è al lavoro per elaborare un Barometro dell’Odio nello sport, monitorando i principali social media e le testate giornalistiche sportive. Dalle prime anticipazioni del report, che uscirà a fine marzo, emergono dati allarmanti. Su 4.857 post analizzati, per un totale di oltre 443mila commenti alle pagine Facebook delle cinque principali testate giornalistiche sportive nazionali (Gazzetta dello Sport, TuttoSport, Corriere dello Sport, SkySport, Sport Mediaset), emerge che tre post su quattro ricevono commenti che contengono una qualche forma di hate speech. Quest’ultimo può manifestarsi come generico linguaggio volgare (13,5%), aggressività verbale (73%) , vere e proprie minacce (6,8%), o, infine, come varie forme di discriminazione (6,7%). I picchi più elevati di messaggi d’odio si verificano in corrispondenza di eventi calcistici e riguardano in particolar modo le decisioni arbitrali. 

Il lavoro dell’équipe però non è solo di osservazione, ma punta anche a intercettare le varie forme di hate speech online e intervenire con risposte in tempo reale. Questo grazie a un algoritmo specifico e un chatbot sviluppati dal Laboratorio d’Innovazione della School of Management di Torino e da Informatici senza Frontiere. A questi strumenti si affianca il “Bullyctionary”, un vero e proprio dizionario del bullismo online, realizzato grazie ad Assicurazioni Generali. 

Il progetto ha raccolto e sta ancora raccogliendo le testimonianze di campioni dello sport azzurro come Igor Cassina, Stefano Oppo, Alessia Maurelli, Frank Chamizo, Valeria Straneo, al loro fianco le straordinarie storie di inclusione sociale avvenute attraverso lo sport sul territorio italiano e l’adesione spontanea di decine di sportivi, professionisti e dilettanti, associazioni, scuole o semplici cittadini che sostengono la campagna ritraendosi con la scritta Odiare non è uno sport .

Qui la Gallery in continuo aggiornamento

La campagna durerà tutto il 2020, anno Olimpico in cui gli occhi dei media saranno particolarmente puntati sullo sport, e prevederà diversi appuntamenti e strumenti per sensibilizzare la cittadinanza: dieci flash mob contemporanei in diverse città italiane lunedì 6 aprile, in occasione della Giornata Internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace, attività educative in 55 scuole e 44 società sportive, partecipazione a numerosi eventi sportivi. Per finire con le “squadre” territoriali anti-odio che monitoreranno profili e pagine social di varie società sportive per intercettare e rispondere in modo pertinente ai messaggi di hate speech. 

Tutti insieme, con un obiettivo comune: dire no all’odio nello sport e nella vita. 

Il progetto è sostenuto dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo e promosso dal Centro Volontariato Cooperazione allo Sviluppo, in partenariato con 7 ong italiane con ampia esperienza nell’educazione alla cittadinanza globale (ADP, CeLIM, CISV, COMI, COPE, LVIA, Progettomondo.mlal),  l’ente di promozione sportiva CSEN, le agenzie formative FormaAzione, SIT e SAA-School of management, Informatici senza Frontiere per lo sviluppo delle soluzioni tecnologiche e Tele Radio City e Ong 2.0 per la campagna di comunicazione.  

Bullyctionary

Il primo dizionario online per educare e sensibilizzare sul tema del cyberbullismo

Il virtuale è reale, anche se molto spesso non lo pensiamo tale. E le parole lanciate nel web possono ferire come nel mondo fisico e portare con sé conseguenze molto gravi. Generali Italia e Informatici Senza Frontiere Onlus (ISF) hanno unito il loro impegno realizzando il primo dizionario online sulle parole del cyberbullismo. “Bullyctionary” raccoglie e monitora le parole più utilizzate dai bulli in rete, abbinando approfondimenti e testimonianze di storie realmente accadute, che possono aiutare a usare la rete in modo più consapevole.

E’un progetto aperto, scritto con i ragazzi e a cui ognuno può contribuire, che si rivolge in particolare ai giovani tra i 10 e i 14 anni, fascia d’età considerata particolarmente a rischio, ma anche alle loro famiglie che non sempre sono informate in maniera adeguata rispetto al fenomeno.

Il Bullyctionary è uno degli strumenti che il progetto Odiare non è uno Sport utilizza nelle scuole e negli incontri con i giovani atleti, sia per integrare con nuove parole e storie, sia per far riflettere su un vissuto spesso condiviso da molti ragazzi.

Insieme contro il bullismo dalla A alla Z.