Perché la presenza delle donne nel calcio dà ancora così fastidio, scatena commenti sessisti e rende i social cassa di risonanza e ring di scontro a suono di insulti? E perché una donna nel calcio fa notizia, genera titoli e flusso di commenti sui social quasi mai per una sua prestazione sportiva?
di Ilaria Leccardi
Ce lo racconta – purtroppo bene – l’episodio che ha visto coinvolta Guadalupe Porras, guardalinee spagnola, componente della terna arbitrale impegnata nella partita di Liga spagnola maschile tra Betis Siviglia e Athletic Bilbao, giocata domenica 25 febbraio. Con la partita sull’1 o 0 per il Betis, muovendosi rapidamente sulla linea laterale è stata colpita in pieno al volto da un cameraman con steadycam che ha varcato in modo maldestro la soglia del campo, entrando nella sua zona di azione. Uno scontro violento, fortuito, che ha provocato una profonda ferita al volto di Porras, costretta a lasciare il campo in una maschera di sangue.
La notizia ha fatto il giro del web, con foto e articoli pubblicati da tutte le principali testate sportive e non. L’aspetto sconcertante è che ai post – in Italia su tante pagine social, in particolare su quella del più letto quotidiano sportivo, la Gazzetta dello Sport, ma anche in Spagna sui profili dello sportivo Marca – hanno fatto seguito una marea di commenti, molti dei quali di evidente stampo sessista. “Succede quando le donne, invece di occuparsi di moda o trucco, si inventano guardalinee”, oppure “mille motivi per stare in cucina”, o ancora “tornino a fare il loro mestiere”, con tanto di cuoricini a raccogliere consenso da altri utenti (si vedano i comenti riportati dall’account Instagram dell’avvocata e attivista Cathy La Torre). Ma il web non è stato a guardare. Prima che le rispettive testate cancellassero i peggiori commenti, un’altra miriade di utenti è intervenuta, principalmente in due modalità: chi chiedendo un intervento di moderazione da parte dei gestori dei profili social, indignandosi per la lentezza nella cancellazione, chi insultando a sua volta gli autori dei post sessisti, generando un flusso di commenti a catena ricchi di hate speech, in particolar modo in forma di linguaggio verbale e aggressività verbale.
Qui di seguito alcuni screenshot che riprendono i commenti sulla pagina Instagram della Gazzetta dello Sport, alla notizia dell’infortunio sul campo della guardalinee Porras:
Dopo aver lavorato su Facebook e Twitter (X), il team di ricercatori dell’Università di Torino impegnati per Odiare non è uno sport, sta analizzando i flussi di post e commenti su Instagram e TikTok, per approfondire e comprendere le modalità di fruizione di questi social rispetto alle notizie sportive. Dalla seconda edizione del Barometro dell’Odio nello sport, presentata a ottobre scorso, è emerso come l’hate speech online in ambito sportivo sia purtroppo un fenomeno in crescita: si manifesta per lo più sotto forma di aggressività verbale e ha maggiore incidenza nei commenti social riguardanti il calcio, sport che domina quasi totalmente il flusso dell’informazione sportiva italiana.
Il calcio raccontato, evidenzia il Barometro, è soprattutto maschile, così come l’informazione sportiva in generale. Le atlete compaiono poco nei flussi di notizie sui social, se non per episodi clamorosi o che poco riguardano la prestazione sportiva. Un caso su tutti: il grande volume di hate speech registrato nei confronti della stella della pallavolo azzurra Paola Egonu, non dopo una vittoria o una sconfitta in partita, ma a seguito dell’annuncio di volersi allontanare dalla Nazionale a causa dei commenti razzisti ricevuti nel “mondo reale”. Notizia che la rese target di commenti d’odio online soprattutto sotto forma di discriminazione. Interessante notare come altre donne che scatenano importanti flussi di commenti e di odio sui social siano le compagne dei calciatori, in particolare – si legge nel Barometro – la cantante Shakira, ex compagna di Gerard Piqué, e Wanda Nara, moglie di Mauro Icardi. Questo a testimonianza che a fare a più notizia nel mondo sportivo italiano sono ancora le “mogli di” che non le sportive stesse.
L’hate speech purtroppo si manifesta spesso nei confronti delle donne quando il loro ruolo e la loro visibilità è legata al mondo del calcio o di uno sport connotato nell’immaginario comune come “prettamente maschile”. Ce lo aveva raccontato anche la motociclista Francesca D’Alonzo, alias The Velvet Snake, ex ballerina che compie imprese in modo fuoristrada in tutto il mondo: seguitissima sui social, ancora viene presa di mira da haters che la bombardano di commenti sessisti.
L’episodio che ha riguardato la guardalinee spagnola rende chiaro come sia ancora necessario fare un lavoro di educazione e sensibilizzazione sull’utilizzo dei social, in particolar modo sui giovani. Insegna che il web è ormai molto attento a rispondere al linguaggio d’odio, soprattutto su certe tematiche, anche se purtroppo spesso i commenti di risposta si manifestano a loro volta in forma di aggressività verbale. E al tempo stesso evidenzia quanto è importante che chi detiene il potere di informare e di immettere sui social notizie, tanto più se si tratta di un organo di stampa autorevole, abbia anche la prontezza di intervenire sui commenti che contengono forme di hate speech in grado di autoalimentarsi uno con l’altro, diventare vere e proprie catene di discriminazione online.